L’Aparté N°2, la lettera di Amiral Gestion
Cigno nero, rischi e opportunità al tempo del COVID
Il cigno nero
In breve tempo lo shock del Covid è stato descritto come un “cigno” nero, espressione chiave dell’eccellente libro di Nassim Taleb pubblicato dopo la crisi di Lehman Brothers(1). Il cigno nero è uno shock talmente raro e violento che il cervello umano non riesce ad anticiparlo, anche se appaiono segnali di rischio tangibili e premonitori. Iniziarono così, a partire dal febbraio 2007, i primi default della crisi dei subprime, 18 mesi prima dello shock e dell’inaspettato crollo, dalla sera alla mattina, della banca Lehman Brothers, facendo temere, oltre alla perdita dei risparmi dei clienti coinvolti, una reazione a catena, uno shock sistemico e globale.
Il 23 gennaio 2020, i canali di informazione occidentali trasmettono una serie di immagini della costruzione dell’Ospedale Huoshenshan, ultimato in 10 giorni a Wuhan, città cinese di 11 milioni di abitanti rapidamente messa in quarantena. 34.000 metri quadrati, un organico di 1400 unità! Poco più di un simbolo, un campanello d’allarme colossale ma troppo surreale, troppo lontano da noi… Le borse occidentali hanno continuato la loro corsa segnando record per altri 30 giorni, in un diniego della realtà che segnerà la storia dei mercati finanziari.
Eppure è inevitabile che un virus circoli e si trasmetta senza preoccuparsi troppo di confini geografici, politici o culturali. E quando l’Italia ha attuato misure di confinamento, di colpo il mondo occidentale ha smesso di negare e credersi al riparo dal “virus cinese”! Lo stesso Nassim Taleb ha chiarito che in senso stretto la pandemia non era un cigno nero poiché da molto tempo i governi avrebbero avuto modo di prepararvisi, come dimostra il video di Bill Gates(2) del 2015, diventato virale, che descrive chiaramente il verificarsi di una pandemia globale come un rischio molto probabile a medio termine. Per i mercati finanziari, d’altronde, il lockdown del marzo 2020 a seguito della crisi sanitaria è certamente un cigno nero, un vero cigno nero, ossia un evento che il nostro cervello non sa classificare perché assente dalla sua memoria storica. Gli Champs-Elysées sono più deserti che mai, gli aerei rimangono a terra e i clienti dei supermercati fanno incetta di carta igienica. I mercati accusano una scossa, un ribasso estremamente violento e uno shock forte quanto il diniego della realtà che lo ha preceduto.
Le sale contrattazioni sono pervase da stupore e si assiste al solito campionario di reazioni umane che si innescano quando la paura del futuro prende il sopravvento. Per gli investitori è tempo di compromessi, cautela e contromisure. Bisogna cercare di capire le questioni di breve periodo e anticipare le conseguenze di lungo periodo in un clima volatile e carico di preoccupazione, nel quale i punti di riferimento storici non aiutano molto a prevedere il futuro. Nel 2019, vista la totale mancanza di riferimenti, per spiegare i tassi negativi mai verificatisi in passato siamo dovuti ricorrere a esercizi di equilibrismo. Anche a studenti di master specialistici non è facile spiegare che è normale investire 100 euro in banca e riaverne solo 99 un anno dopo. Oggi ci tocca spiegare perché, dopo aver accusato perdite fino al -40% in un mese, a fine anno gli indici sono tornati in territorio positivo. La borsa americana ha spiccato il volo, mentre l’economia ha vissuto il suo peggior anno dai tempi di Pearl Harbor con un PIL al -5%. Analogamente critico il quadro europeo: per trovare una flessione simile nel Regno Unito (che presenta il miglior storico) bisogna tornare al 1709. In mancanza di una logica, esiste una spiegazione storica e filosofica. Non siamo più nel 1914, bensì nel 2020, e le nostre società non tollerano più la morte quando è possibile evitarla. Non siamo più nemmeno nel 1969, quando l’influenza di Hong Kong uccise più di un milione di persone in tutto il mondo e fece 30.000 morti in Francia senza che nessuno se ne preoccupasse o ne abbia memoria.
« Il lockdown è un cigno nero, un evento che il nostro cervello non sa classificare perché assente dalla sua memoria storica. »
La malattia colpiva gli anziani come il Covid, la società era più giovane dopo il baby boom e considerava naturale la morte delle persone oltre i 65 anni, al potere c’era il generale de Gaulle che in passato aveva affrontato nemici molto più pericolosi ai suoi occhi. Infine, e il dato non è trascurabile, esisteva la televisione generalista ma non ancora i canali all-news e i social network. Ecco perché nessuno se ne ricorda. Nel 2020, i governi di tutto il mondo hanno deciso di sabotare le loro economie per salvare la vita dei loro numerosi anziani. Per evitare che una catastrofe economica sistemica si trasformasse in una depressione mondiale, tutti hanno accettato di mitigare il più possibile gli effetti negativi delle scelte sanitarie. È il famoso approccio del “whatever it takes” ossia del “costi quel che costi”, adottato da tutti i paesi sviluppati. Nel 2020 il deficit di bilancio statunitense ha raggiunto i 3100 miliardi di dollari, un numero che dice poco senza raffrontarlo alla popolazione totale (nel 2020 il debito di ogni cittadino americano è cresciuto di 10.000 dollari, un dato ragguardevole).
Gli Stati hanno quindi messo mano al portafoglio, imitati da altri soggetti: anche le Banche Centrali hanno infatti portato avanti e intensificato le loro politiche di sostegno monetario, con misure che gli economisti minimizzano come “non convenzionali”, un termine attribuito anche alle armi nucleari. Un’altra metafora molto suggestiva è in finanza quella dell’Helicopter money ossia della distribuzione di denaro fatta direttamente dalle banche centrali a favore dei cittadini
Una cosa è certa, il denaro è arrivato nel sistema. È addirittura arrivato a fiumi e, come tutti i liquidi, è finito un po’ ovunque: nelle indennità per compensare giustamente chi è rimasto indietro, nelle imprese indebolite dalla crisi, com’è altrettanto legittimo, ma anche nei conti bancari dei cittadini. In Francia una parte del denaro, pari a ben 200 miliardi, è finita semplicemente depositata nei libretti fruttiferi; negli Stati Uniti, invece, milioni di giovani confinati e troppo sicuri di sé hanno investito i loro assegni di disoccupazione in azioni Tesla o Bitcoin. Un’altra caratteristica di questo 2020 è il ritorno in massa delle persone in borsa. In genere, durante le crisi di borsa le persone tendono ad abbandonare i mercati finanziari, giurando di non farvi ritorno. Dopotutto sono esseri umani: non amano perdere, hanno paura e vendono. Dopo la grande crisi del 2008, la Francia aveva così perso più di un milione di trader.
Per una volta, nel marzo 2020, con sorpresa di tutti, la gente è tornata in massa ad aprire conti e l’età media degli investitori privati è scesa di colpo di qualche anno. I nuovi arrivati sono più giovani, conoscono i servizi digitali e hanno comprato azioni “nel bel mezzo della battaglia”, ossia durante la crisi ma nel momento giusto, in un’ottica di lungo periodo, come se dovessero prendere in mano il loro futuro di fronte alle incertezze (crisi futura, pensione ecc.) e iniziare ad accantonare un capitale di riserva. Già nel 2019 il successo dell’IPO di La Française des Jeux aveva risvegliato alcune ambizioni di investimento diretto. La crisi del mercato azionario e il lockdown hanno rafforzato questo interesse, che ha rapidamente travolto i broker online. Anche negli Stati Uniti le persone sono tornate in massa e in modo assolutamente esagerato, con una correlazione poco comprensibile fra il numero di nuovi trader e… l’aumento del tasso di disoccupazione. Nella terra degli eccessi, gli assegni di sostegno ai consumatori sono finiti direttamente sul Nasdaq, provocando persino una bolla nel listino più seducente del momento. I day trader hanno preso il sopravvento, spingendo verso nuovi record azioni come Tesla, Zoom e Moderna. Ci ricorda la bolla Internet del 2000, ma stavolta l’isteria è alimentata dai social network
« Nel marzo 2020, con sorpresa di tutti, la gente è tornata in massa ad aprire conti. I nuovi arrivati sono più giovani e conoscono i servizi digitali. »
Un anno Lynciano
Questo ritorno dei privati e l’abilità finanziaria che ogni buon investitore deve possedere per avere successo fanno di questo 2020 un anno “lynciano”. Negli anni ‘80 Peter Lynch era il gestore di punta del fondo Magellan. Con il suo libro “One Up on Wall Street”(3), ha reso popolare l’investimento di buon senso. Tra i tanti e semplici principi e insegnamenti, ricordiamo questo: cerca intorno a te i prodotti che la gente ama comprare. Il cuore dell’intuizione di Lynch è che l’investitore comune può far meglio del professionista finanziario, perché da consumatore è più a contatto con il mondo reale. Peter Lynch avvicina le persone ai professionisti, l’economia e i consumi alla borsa. Potremmo dire che investe nella concretezza. La filosofia di Lynch, da anni in Amiral Gestion, è fonte di ispirazione: passeggiamo per le strade ed esploriamo supermercati, negozi specializzati, farmacie o siti Internet alla ricerca di tendenze. Una dei modi più celebri per spiegare Lynch viene dal suo investimento nei collant “L’eggs”; sua moglie ne lodò le qualità e ne acquisto molte confezioni, facendo più che decuplicare il valore di borsa della società produttrice. “Ho sviluppato l’abitudine di interessarmi ai prodotti che la gente ama e compra: è un criterio per far funzionare bene un’impresa”. Lynch è un personaggio affascinante. Prima di far crescere il patrimonio del suo fondo Magellan in media del 29% all’anno durante i 13 esercizi della sua gestione, da adolescente è stato caddie nei campi da golf, dove già interagiva con i grandi del mondo (fra i quali il capo di Fidelity), e successivamente ha studiato storia, psicologia e filosofia.
Con il metodo Lynch si potrebbe facilmente finire per comprare il titolo Puma nel 2001 quando l’azienda, dopo una lunga traversata nel deserto, tornò di moda tra i giovani commercializzando da Colette a Parigi 510 sneaker uniche, numerate e prodotte con tessuti di seconda mano, al prezzo di 250 euro! La scarpa è diventata un accessorio di moda, l’inizio della storia e del decollo di Puma. Sotto i nostri occhi di consumatori abbiamo visto affermarsi la strategia del “passaggio dal campo alla strada”. E il consumatore “trader” ha vinto il jackpot con una quotazione di borsa schizzata dai 2 euro del 2002 ai 20 euro del 2004, e poi ai 30 euro del 2006. E a quelli di noi che per strada non fanno caso alle sneaker dei giovani poteva sempre capitare di imbattersi in un articolo dell’Express che il 1° marzo 2003 intitolava “i segreti della moda PUMA”(4).Un caso ancora più evidente e vicino ai giorni nostri, replicando lo stesso ragionamento: chiediamoci anche perché non abbiamo acquistato azioni Apple a 6 dollari quando l’iPhone era arrivato a Parigi già alla fine del 2007, o a 7 dollari al lancio dell’Ipad avvenuto il 3 aprile 2010… (oggi Apple vale 127 dollari).
« Il cuore dell’intuizione di Lynch è che l’investitore comune può far meglio del professionista finanziario, perché da consumatore è più a contatto con il mondo reale. »
Ad attirare Peter Lynch durante il Covid sono per esempio Zoom, Moderna o Amazon. Dopo il tuo decimo drink virtuale con gli amici, all’inizio del lockdown potevi acquistare a 100 $ l’azione Zoom (lievitata a 500 $ cinque mesi dopo). Gli americani costretti in casa hanno potuto acquistare Peloton (cyclette connesse a Internet) o Moderna, che ha annunciato molto presto il successo del suo vaccino. Si poteva fare qualcosa di ancora più semplice, cioè acquistare le azioni delle famose società GAFAM(5) che da vent’anni permettono di comunicare, scambiare o acquistare quasi tutto e in qualsiasi momento senza bisogno di contatto umano, insomma le prevedibili grandi vincitrici di un mondo in lockdown.
Chiaramente, con il senno di poi sembra facile ma in realtà spesso non lo è. La martingala non esiste e il breakout o l’inversione del prezzo non sono semplici da riconoscere. La moda può essere effimera o al contrario trasformarsi in una tendenza di lungo corso. In primo luogo bisogna osservare il contesto. Per agire durante uno shock di incertezza ci vogliono un coraggio e una lungimiranza non comuni. E poi ci si può sbagliare. Prendere grandi decisioni istintive al picco della crisi porta dunque spesso a commettere gravi errori. Avremmo potuto, per esempio, vendere le nostre azioni di Trigano. Questa bella azienda, brillantemente gestita da François Feuillet, è il leader europeo dei camper e vende la maggior parte dei suoi veicoli nelle fiere al pubblico. Non servono spiegazioni: le fiere sono annullate e il camper non è esattamente un prodotto di prima necessità. I clienti di Trigano non hanno in animo di fare grandi investimenti e di programmare le loro prossime vacanze… L’azione Trigano dimezza il suo valore nel giro di poche settimane fino a toccare quota 42 €. Oggi vale più di 165 €! Cosa è successo? Si potrebbe dire che i consumatori hanno portato il concetto di lockdown all’estremo, progettando di “confinarsi” in un nuovo camper. La scorsa estate, un articolo pubblicato su Les Echos ha fatto notizia: “La crisi sanitaria ha scatenato una nuova mania per i camper a causa delle restrizioni sui viaggi all’estero”. Il lockdown ha quindi fatto nascere il desiderio di ampi spazi aperti, pur del tutto compatibili con il rispetto delle regole sanitarie vigenti in tema di distanziamento fisico, di libertà di movimento e di autonomia. Non era affatto scontato, tant’è che a maggio lo stesso Feuillet era piuttosto cauto, per non dire pessimista, sul comportamento dei clienti alla riapertura del salone l’11 maggio. Sorprendente, vero?
Ci sono molti esempi del genere, quindi per prima cosa nel marzo 2020 abbiamo deciso di prendere meno decisioni possibili. D’altra parte quando il terreno si sgretola sotto i nostri piedi non possiamo fare molto per i titoli più piccoli, a parte vendere l’investimento a metà prezzo per non averci riflettuto a fondo prima. Alla fine è successo tutto molto rapidamente, il calo primaverile e il recupero estivo. Qualche settimana dopo il mare si ritira e, facendo i conti con un occhio alle classifiche, si scoprono gli errori. Perché ho venduto le mie azioni di Brodrene Hartmann, leader mondiale nella produzione di imballaggi riciclati per uova, quando mia figlia mangiava la sua 12a fetta di torta in una settimana? (Il consumo di uova è aumentato del 45% durante il lockdown). Perché non ho acquistato azioni Zoom quando il mondo si riunisce ogni sera per gustarsi un aperitivo virtuale? Si dice spesso, ed è vero, che la borsa è al tempo stesso il tempio dei rimpianti e la scuola dell’umiltà.
Alcune persone si sono credute furbe e, con una sana dose di cinismo, hanno acquistato azioni Dignity. A prima vista investire in un’impresa funebre inglese potrebbe sembrare un eccellente esempio di atto “lynciano”, ma non ha funzionato. La mortalità è effettivamente aumentata bruscamente ma i funerali si sono tristemente svolti senza pubblico, fiori e altri servizi particolarmente costosi. Tuttavia abbiamo avuto buon fiuto su società solide che conosciamo bene da anni e che sono state massacrate dall’annuncio dei lockdown. Abbiamo per esempio ricostituito una posizione in FNAC DARTY. La società è riuscita a compiere la sua trasformazione digitale e ha dimostrato di avere uno spazio nonostante il dominio di Amazon. Nel marzo 2020 la situazione precipita e nel punto più critico della crisi l’azione vale meno di 18 € (a fronte dei 100 € toccati nel 2018). Lo scenario non è certo invitante, i negozi sono chiusi, il fatturato langue e bisogna pagare fornitori e affitti. Gli investitori si fanno prendere dal panico e in borsa FNAC DARTY vale ormai appena 500 milioni di euro per un fatturato di 7 miliardi… Qualche settimana dopo, vengono istituiti i prestiti garantiti dallo Stato e la società si mobilita per lanciare le vendite via Internet che esplodono. I consumatori si riversano sui computer per lavorare da remoto o guardare Netflix, mentre Darty beneficia del rinnovato interesse per l’arredamento domestico. Oggi la società vale quasi 60 €. Il titolo ha retto bene durante il 2° e il 3° lockdown, avvalorando peraltro la tesi del Cigno nero (non è necessariamente l’evento in sé ad essere drammatico, bensì il suo insorgere repentino e le incertezze che provoca).
« Per prima cosa nel marzo 2020 abbiamo deciso di prendere meno decisioni possibili. »
Nel 2021, sappiamo che la FNAC sopravvivrà e che un giorno usciremo dalla crisi sanitaria. Gli aspetti più interessanti del nostro settore riguardano i cambiamenti congiunturali dovuti agli shock. La casa, ecco un tema che ad ogni crisi mostra opportunità da cogliere. Nel 2020 i principali contributi positivi alla performance dei nostri fondi azionari sono venuti da società di e-commerce che hanno approfittato del lockdown per migliorare i loro fondamentali. I siti di mobili e decorazioni Westwing e Home24 sono gli esempi più riusciti e le loro quotazioni azionarie mostrano incrementi superiori al 500%. Vendere articoli per la casa quando i consumatori sono costretti fra le mura domestiche, davanti a uno schermo e con il tempo per dedicarsi a lavori manuali o pensare all’arredamento a negozi chiusi, è un mix esplosivo. Detenevamo già e abbiamo incrementato le posizioni in alcune di queste società, che si sono rapidamente guadagnate l’appellativo di imprese “stay at home”, muovendoci sulla linea di confine tra fortuna, coraggio e visione. A Westwing e Home24 si aggiungono HelloFresh, leader mondiale dei pasti pronti a domicilio, Focus Interactive, un player dinamico nel mercato dei videogiochi, Mr Bricolage che ha beneficiato del nuovo entusiasmo per il bricolage e infine Bourse Direct che, come abbiamo visto, è stata premiata dal ritorno di fiamma nei francesi per la borsa.
Viceversa, per i gestori che detenevano in portafoglio azioni di compagnie aeree, agenzie di viaggio o organizzatori di fiere quando l’Italia annunciava le sue misure di contenimento, non è stata una situazione molto piacevole. Non serve aver letto le opere di Lynch per pensare di vendere. All’inizio del 2020 eravamo molto esposti su Easyjet, Voyageurs du Monde e Hyve; quando è arrivato lo shock, tutti volevano partire. Per inciso: il 20 febbraio Easyjet vale 1400 sterline. Il giorno dopo, quando l’OMS annuncia 1000 contagi fuori dalla Cina e 7 decessi, Easyjet vale 1200 sterline che scendono poi a 900 sterline il 9 marzo, giorno del lockdown italiano. Speriamo in un rimbalzo per vendere la posizione ma non accade e dieci giorni dopo, quando tutta l’Europa chiude, i listini di borsa visualizzano una quotazione di 430 sterline che equivalgono ad una perdita del -70% in un mese. Abbiamo venduto (malamente) al primo rimbalzo a 600 sterline, senza aver saputo valutare la società proiettandoci in avanti. Nello stesso settore, Voyageurs du Monde, società eccezionale sotto molti aspetti fra i quali la responsabilità ambientale e sociale che ci stanno particolarmente a cuore, ha subito gravi perdite che il suo bilancio le ha permesso di riassorbire. Il titolo si è ripreso bene ma questa crisi indebolirà l’intero ecosistema dei viaggi e non conosciamo i suoi riflessi a lungo termine su questi modelli di business. In questo caso abbiamo deciso di mantenere la posizione, ritenendo che all’uscita dalla crisi la società, strutturalmente solida, avrebbe mantenuto la sua forza e avrebbe saputo soddisfare la domanda di evasione dei suoi clienti facoltosi. Abbiamo anche subito il crollo di Hyve (-80%), società attiva nel settore delle fiere commerciali che è tra i più colpiti dalla crisi sanitaria e beneficia scarsamente delle misure di sostegno dei governi. Probabilmente questo settore risentirà in modo permanente della crisi sanitaria. Poiché tuttavia il prezzo di Hyve era sceso eccessivamente, abbiamo mantenuto il titolo in previsione di una ripresa.
Un’altra società difficile da vendere, nonostante le avversità siano state ben comprese, è Unibail, leader mondiale dei centri commerciali. Abitualmente questo settore è un’oasi di pace e offre una buona visibilità con i clienti, ogni anno più numerosi. Le crisi sono frequenti ma temporanee e ai marchi fragili se ne sostituiscono di nuovi. È quindi un settore molto compatibile con il debito e può permettersi di pagare buoni dividendi. I dirigenti di Unibail pensavano che la qualità dei loro asset potesse preservarli, che i centri commerciali di qualità sarebbero stati gli ultimi a soffrire della concorrenza del commercio online. Con il lockdown, in un mese Unibail è scesa da 120 a 40 euro e si è deprezzata dell’80% rispetto all’ultimo valore patrimoniale netto pubblicato. Detenevamo una piccola posizione e abbiamo approfittato della crisi per investirvi massicciamente in autunno, con l’ingresso nel capitale di Xavier Niel, seguendo la tesi dell’“ultimo dei Mohicani”. La crisi sanitaria inciderà in modo rilevante sugli sviluppi, ma i centri commerciali di qualità sono in grado di resistere.
La valorizzazione, base del nostro approccio
La valorizzazione, che è un elemento centrale della strategia d’investimento di Amiral Gestion, rappresenta il principale limite di un approccio puramente intuitivo al mercato azionario attraverso l’esperienza di vita. Quale sia la tendenza o cosa riservi il futuro ha poca importanza, se il mercato lo sconta già nel valore del titolo. Acquistare Unibail a 30 euro, ossia il 20% del suo valore patrimoniale, non significa per forza che siamo molto ottimisti sui centri commerciali ma semplicemente che crediamo che Unibail sopravvivrà. La decisione di investimento deve essere sempre analizzata in relazione al prezzo quotato dal mercato. Prima o poi le crisi arrivano e producono conseguenze più o meno gravi. Noi le affrontiamo sempre acquisendo maggiore esperienza e maturità perché offrono sempre validi insegnamenti e buone opportunità. Amiral Gestion è nata durante la crisi del 2000, abbiamo subito in pieno lo shock mondiale del 2008, resistito alla crisi dell’euro del 2011 e superato la Brexit nel 2016. Durante il Covid ci siamo saputi muovere bene e il nostro team ha vissuto collettivamente queste crisi arricchendo ogni volta la sua esperienza. La nostra maggiore garanzia consiste nell’investire primariamente in imprese ben gestite con bilanci solidi, una forte cultura aziendale, un valido management e i migliori principi etici.
Una domanda da 200 miliardi: dove finiranno i risparmi finanziari accumulati dai francesi nel 2020? »
Ora cosa succederà? Quali aziende che ritieni destinate al successo vuoi acquistare? Quali società “stay at home” capitalizzeranno il loro successo dell’anno scorso e manterranno i clienti arrivati come per magia nel 2020? Quali società, viceversa, faranno fiasco? E una domanda da 200 miliardi: dove finiranno i risparmi finanziari accumulati dai francesi nel 2020? La prossima crisi è impossibile da prevedere, ma senza dubbio verrà dalle conseguenze della precedente che, come abbiamo visto, ha provocato un notevole eccesso di liquidità. L’inflazione, che è completamente scomparsa, sta finalmente riaffiorando e potrebbe portare ad un aumento dei tassi prima di quanto non si tenda a pensare. La bolla nelle società più in voga sul Nasdaq rappresenta un ulteriore fattore di rischio, ma il mercato vede ovunque l’arcobaleno e per il momento si concentra sulle buone notizie legate alla ripartenza dopo la fine del lockdown.
- (1) Il Cigno nero, il potere dell’imprevedibile, pubblicato da Les Belles Lettres
- (2) https://www.ted.com/talks/billgatesthenextoutbreaOne
- (3) “One Up on Wall Street” pubblicato da Simon & Schuster
- (4) https://lexpansion.lexpress.fr/actualite-economique/les-secretsde-la-vogue-puma_1421041.html
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